Storia di una mistificazione

Il poema “L’ordine delle cose” composto da 23 poesie, del poeta sovietico Vladimir Lifšitz (1913- 1978) fu pubblicato per la prima volta nella rivista Naš sovremennik nel 1964. Com’è stato possibile che questo poema, così critico verso il regime, sia stato autorizzato per l’uscita e addirittura ristampato due volte negli anni successivi visto che all’epoca ogni pubblicazione nell’Unione Sovietica doveva ottenere il triplice nulla osta (la tipografia, la stampa, la pubblicazione)? La risposta è semplice: per ingannare la censura, Lifšitz lo pubblicò sotto lo pseudonimo del poeta inglese James Clifford, che non esisteva.

 “Di Clifford qua parlano molto bene… I poeti mi fanno complimenti per le bellissime traduzioni. Insomma Clifford sta diventando sempre più reale. Non ti venisse in mente di raccontare a qualcuno questo mio piccolo e simpatico segreto” – così scriveva Lifšitz a suo figlio Lev Losev.

L’elegia

Anno dopo anno e giorno dopo giorno,

senza dio nel cuore o con dio,

tutti camminiamo rassegnati

per le strade predestinate.

E piano, a poco a poco, non all’improvviso –

non lo puoi prevedere –

il cerchio dei compagni di pensiero

diventa sempre più ristretto.

Alcuni – ormai è impossibile contarli –

vivono piuttosto tranquilli,

gli impeti degli anni giovanili

li hanno svenduti da tempo uno ad uno.

Altri, avendo subito un danno

perché non conoscevano le regole del posto,

sono saliti sulla barca – e Caronte

li ha trasportati oltre il fiume.

E nelle vicinanze di quel fiume

anche io ho cominciato piano piano

a bruciare le lettere, strappare le brutte copie,

a prepararmi per andare lontano.

Элегия

За годом год и день за днем,

Без бога в сердце или с богом,

Мы все безропотно идем

По предначертанным дорогам.

И тихо, исподволь, не вдруг

За этим уследить не в силах

Все уже делается круг

Единомышленников милых.

Одни, — числа им нынче нет, —

Живут вполне благополучно,

Порывы юношеских лет

Давно расторговав поштучно.

Другие, потерпев урон

Изза незнанья здешних правил,

Шагнули в лодкуи Харон

Их через реку переправил.

И невдали от той реки.

Я тоже начал понемногу

Жечь письма, рвать черновики,

Сбираться в дальнюю дорогу.

Ciao, caro

Ciao caro! Raccontami

come hai vissuto tutti questi anni?

Quanta libertà hai avuto nella vita?

Non ti sei adattato alla menzogna?

Hai perso per caso

La lucidità del pensiero, la freschezza del

sentimento?

E quanto all’arte?

Hai battuto forse la ritirata?

D’altronde magari adesso

hai acquistato la serenità e la felicità

potrebbe in parte

Giustificare tutte le perdite?

Il mio interlocutore non ha la barba rasata.

Agogna bere un boccale di birra.

Mi guarda dallo specchio,

con un sorriso storto.

Здравствуй, Милый

Здравствуй, милый! Расскажи,

Как ты жил все эти годы?

Много ль в жизни знал свободы?

Не притерся ли ко лжи?

Не потеряна ль тобой

Ясность мысли, свежесть

чувства?

Ну, а как насчет искусства?

Не сыграл ли ты отбой?

Впрочем, может быть, теперь

Ты обрел покой и счастье, —

Это было бы отчасти

Оправданьем всех потерь?..

Собеседник мой небрит.

Жаждет выпить кружку пива.

Он из зеркала глядит,

Улыбаясь как-то криво.

Molti letterati lodarono Lifšitz per “la traduzione eccelsa”: il successo raggiunse vette di autentica assurdità. Ad esempio Evgenij Evtushenko arrivò a discutere delle poesie del “presunto” Clifford con Thomas Eliot ed Eliot confermò che Clifford era un poeta inglese formidabile e molto popolare!

Vladimir Lifšitz non si limitò a inventare solo il nome del suo alter ego: nella raccolta delle sue poesie “tradotte” il lettore ebbe modo di conoscere addirittura la biografia di James Clifford che, a ben guardare, aveva molto in comune con quella dello stesso Lifšitz.

Gli imbonitori

Gli imbonitori al mercato

urlano a squarciagola per uno scellino:

uno loda le rose,

un altro le aringhe islandesi,

e il terzo – con una logora bombetta –

I rimedi patentati,

che risolvono il problema –

a che lasciare l’eredità…

Anche io sono cresciuto in questo mercato

e lavoravo da imbonitore,

e mi dava il mio sudato scellino

un ragazzo non propriamente onesto.

Vendevamo quello che capitava

dal carretto: le bibbie, i vestiti,

E chi comprava pensava

che non erano loro a pagare ma noi…

A partire da quei tempi, –

quando entro in una chiesa,

oppure in una sala pubblica,

oppure apro un giornale, –

io vi riconosco, imbonitori!

Oh no, qua non si tratta della pubblicità,

lì è molto facile distinguere

Uno stile rispettabile di una impresa solida

dall’eloquenza di un mascalzone.

Ed ecco dei misteri dell’arte

disquisisce un tale dai capelli grigi –

un semplice imbonitore

davanti al carretto dell’intelletto.

E quello che ci fa la predica,

scrutandoci con severità,

è un semplice imbonitore

davanti una grande bancarella di dio.

E gli imbonitori – politicanti

li riconosco dal primo sguardo, –

fanno un lavoro assai sporco

questi imbonitori – politicanti.

Questa giovane lady ha soltanto diciassette anni.

Oh, queste labbra come coralli,

Oh, queste spalle, questi seni,

Oh, questi fianchi – imbonitrici!..

Vorrei trovare un prato,

e sprofondare la mia faccia nell’erba,

e addormentarmi con il cinguettio degli uccelli,

e se possibile non risvegliarmi.

Зазывалы

Вопят на рынке зазывалы,

За шиллинг надрывая глотку:

Один расхваливает розы,

Другой исландскую селедку,

А третийв котелке потертом

Те патентованные средства,

Что избавляют от проблемы

Кому же оставлять наследство

Я тоже рос на этом рынке

И сам работал зазывалой,

И мне вручал мой потный шиллинг

Один не очень честный малый.

Мы торговали чем попало

С тележки: библиями, платьем,

И покупателям казалось,

Что не они, а мы им платим

С тех самых пор,—

Вхожу ли в церковь,

Или в общественные залы,

Или газету раскрываю, —

Я узнаю вас, зазывалы!

О нет, здесь речь не о рекламе,

В ней отличить довольно просто

Солидный стиль почтенной фирмы

От красноречия прохвоста.

Но вот о таинстве искусства

Толкует седовласый некто

Обыкновенный зазывала

Перед тележкой интеллекта.

А тот, что проповедь читает,

На нас поглядывая строго,

Обыкновенный зазывала

Перед большой палаткой бога.

А зазывалполитиканов

Я узнаю, едва лишь глянув, —

Уж больно грубая работа

У зазывалполитиканов

Всего семнадцать юной леди,

О, эти губы как кораллы,

О, эти плечи, эти груди,

О, эти бедразазывалы!..

Хотел бы я найти поляну,

И там в траву лицом уткнуться,

И задремать под птичий щебет,

И, если можно, не проснуться.

Dopo dieci anni, nel 1974, Vladimir Lifšitz svelò il suo segreto, aggiungendo una piccola nota biografica alla ristampa delle poesie di Clifford: “Questa potrebbe essere la biografia di un poeta inglese, nato nella mia immaginazione e materializzatosi nelle poesie, le cui traduzioni propongo alla vostra attenzione”.

Non ne seguì alcuno scandalo perché oramai i tempi erano diventati più liberali. Però nella successiva raccolta delle poesie di Lifšitz edita nel 1977, i redattori non autorizzarono la ristampa delle poesie di Clifford.

Nell’ottobre del 1978 Vladimir Lifšitz morì ma il beffardo James Clifford, decantato niente meno che da Evtushenko ed Eliot, continua a vivere.

L’addio a Clifford

Good bye, my friend!.. Insieme a te

ho passato non poche notti insonni.

All’inizio eri riservato come un inglese,

e restio ad aprirti a me.

a

Perdona che per colpa mia

non hanno risuonato a piena voce le tue parole

di quella che non ti aspettava e non ti andava

incontro,

delle speranze calpestate e la guerra.

a

Entrambi non stavamo in disparte,

ci sferzavano solo le intemperie.

Ma il vanto non si addice agli uomini.

Poiché a tutt’oggi non va affatto bene

il mondo di cui mi hai parlato,

imbonitore che ha abbandonato il mercato.

Прощание с Клиффордом

Good bye, my friend!.. С тобой наедине

Ночей бессонных я провел немало.

Ты по-британски сдержан был сначала

И неохотно открывался мне.

a

Прости за то, что по моей вине

Не в полный голос речь твоя звучала

О той, что не ждала и не

встречала,

О рухнувших надеждах и войне.

a

Мы оба не стояли в стороне,

Одною непогодой нас хлестало,

Но хвастаться мужчинам не пристало.

Ведь до сих пор устроен не вполне

Мир, о котором ты поведал мне,

Покинувший толкучку зазывала.

La poesia “I quadrati” è la più importante di tutto il poema di Clifford e probabilmente anche di tutta l’opera di Vladimir Lifšitz. In epoca sovietica veniva imparata a memoria e recitata con atteggiamento enfatico. “I quadrati” rappresenta il ritratto terrificante dell’offuscamento di massa che, tuttavia, essendo già stato tema delle antiutopie di Zamyatin, Huxley, Orwell non ha prodotto nessuna novità sostanziale. Ma la sua intrinseca tragicità, la forza di attrazione assurge a valore umano non per una presunta novità, ma per il fatto che il ritratto di Moloch del XX secolo è descritto dal di dentro: l’uomo allevato dal mostro ne è divenuto vittima, pur avendo capito tutto da solo, non ha potuto “uscire dal gioco”, saltare fuori dal quadrato.

I quadrati

E tuttavia l’ordine delle cose è assurdo,

Gli uomini che sanno fondere il metallo,

tessere le stoffe, fare il pane, –

qualcuno vi ha derubato senza scrupoli.

a

Non solo il vostro lavoro, amore, tempo libero –

vi hanno rubato la curiosità degli occhi aperti;

alimentandovi dalle mani con verità

preconfezionate,

vi hanno rubato la capacità di pensare.

a

Vi hanno fornito la risposta ad ogni domanda.

Vedendo tutto, non vedete un bel niente.

Sono diventate matrici dei giornali

le vostre menti indifese.

a

Vi hanno fornito la risposta ad ogni domanda…

Vestiti con abiti grigi e sgargianti, 

mattina e sera, come un’aspirapolvere,

vi risucchia la metro.

a

Ecco che camminate come fitto caviale,

tutti uguali, tutti dello stesso stampo,

uomini che sapete fare i calzolai,

uomini che sapete fare i minatori.

a

Ed ecco camminano in file,

un – due – un – due –

ancora soltanto sfilando,

gli uomini che sanno uccidere.

a

Ma un giorno nel mezzo di cose insignificanti,

che ti danno da mangiare per nutrirti,

hai deciso di uscire fuori dai confini

delle odiose forme quadrate.

a

Ti sei ribellato. Urli: – Al ladro!

Non vuoi consegnare te stesso.

E a questo punto ti faranno visita

gli uomini che sanno convincere.

a

Saranno persuasive le loro parole,

saranno elevate e pieni di bontà.

Ti dimostreranno in quattro e quattr’otto,

che non si può uscire dal gioco.

a

E tu ti pentirai, povero fratello,

fratello che ha smarrito la strada, sarai

perdonato.

Ed accompagnato con i canti

sarai rimesso con cura nel tuo quadrato.

a

Ma se continuerai a insistere:

— Non vi permetto!.. Non si torna indietro… —

Senza far rumore dal buio compariranno

gli uomini che sanno uccidere.

a

Ingoierai tristezza come chinino,

e in quadrati come nel sogno,

sarà diviso il fazzoletto azzurro

dalle sbarre nella tua finestra.

Квадраты

И всё же порядок вещей нелеп.

Люди, плавящие металл,

Ткущие ткани, пекущие хлеб, —

Кто–то бессовестно вас обокрал.

a

Не только ваш труд, любовь, досуг

Украли пытливость открытых глаз;

Набором истин кормя из

рук,

Уменье мыслить украли у вас.

a

На каждый вопрос вручили ответ.

Всё видя, не видите вы ни зги.

Стали матрицами газет

Ваши безропотные мозги.

a

Вручили ответ на каждый вопрос

Одетых серенько и пестро,

Утром и вечером, как пылесос,

Вас засасывает метро.

a

Вот вы идете густой икрой,

Все как один, на один покрой,

Люди, умеющие обувать,

Люди, умеющие добывать.

a

А вот идут за рядом ряд

Атьатьатьать

Пока еще только на парад,

Люди, умеющие убивать…

a

Но вот однажды, средь мелких дел,

Тебе дающих подножный корм,

Решил ты вырваться за предел

Осточертевших квадратных форм.

a

Ты взбунтовался. Кричишь: — Крадут!

Ты не желаешь себя отдать.

И тут сначала к тебе придут

Люди, умеющие убеждать.

a

Будут значительны их слова,

Будут возвышенны и добры.

Они докажут как дважды два,

Что нельзя выходить из этой игры.

a

И ты раскаешься, бедный брат,

Заблудший брат, ты будешь

прощен.

Под песнопения в свой квадрат

Ты будешь бережно возвращен.

a

А если упорствовать станешь ты:

— Не дамся!.. Прежнему не бывать!.. —

Неслышно явятся из темноты

Люди, умеющие убивать.

a

Ты будешь, как хину, глотать тоску,

И на квадраты, словно во сне,

Будет расчерчен синий лоскут

Черной решеткой в твоем окне.

La vera arte è invariabile nel tempo e nello spazio, non invecchia, non si scolorisce con l’attraversare delle frontiere, dice la stessa cosa a persone di diverse epoche e provenienze. Con amarezza possiamo dire che la poesia “I quadrati” avrebbero potuto scriverla oggi in qualsiasi parte del mondo.

Nel 2009 il gruppo rock russo “Televisor” ha messo in musica la poesia “I quadrati”: ne proponiamo l’ascolto ai nostri lettori.

4 Comments

  • Fausto Gasperini

    La poesia sugli imbonitori l’ho travata particolamente avvicente.
    Scrivendo poesie in romanesco, non è stato difficile dargli una carica umoristica.

    L’imbonitore

    “Venghino, signori venghino,
    crema pe’ diventà più belli,
    lozzione pe’ fa’ cresce li capelli,
    e se trasforma l’acqua in vino”.

    E se c’è un bravo ‘n imbonitore,
    t’arriva dritto er fumo a l’occhi
    che scambi er re pe’ li pitocchi,
    sa’ parla mejo de ‘n professore.

    Li trovi in fiera e a le botteghe,
    ne le banche e in televisione,
    a bocca aperta come ‘n minchione
    te diventano sante puro le streghe.

    L’imbonitore, n’è ‘n mestiere,
    ma te venne tarmente bene,
    che le formiche so’ balene,
    e le mele le somma co’ le pere.

    Tutto sommato è ‘na vera arte,
    a vorte è ‘n vero e propio intrico,
    ma in mano a chi nu ve dico,
    è mejo girasse da ‘n’antra parte.

    Fausto Gasperini
    11.02.2023

    • donata de bartolomeo

      Che soddisfazione sapere che una nostra traduzione ti ha ispirato questa poesia che, purtroppo, ci fa pensare che “gli imbonitori” stanno ovunque e in ogni tempo! Speriamo che anche altre nostre proposte ispirino la tua Musa “romanesca”! Un caro saluto
      Donata e Kamila

  • Giorgio Linguaglossa

    l poema “L’ordine delle cose” composto da 23 poesie, da sovietico Vladimir Lifšitz (1913- 1978) ed è stato pubblicato dalla rivista Naš sovremennik nel 1964. Le date sono importanti, in Italia avevano fatto la prima apparizione i Novissimi con l’antologia del 1961 ma in Italia si continuava a poetare con il linguaggio stereotipato del post-ermetismo, nel 1961 in Italia viene pubblicato il primo libro di Alfredo de Palchi “Sessioni con l’analista” che però passò sotto silenzio, erano attivi Montale e Pasolini che aveva pubblicato nel 1956 “Le ceneri di Gramsci”, era attivo Attilio Bertolucci… Vladimir Lifšitz in queste traduzioni appare un poeta di “retroguardia” rispetto all’età d’argento della poesia russa, è tutto raggomitolato sulla intimità, e non poteva essere diversamente, mentre in Italia e in Europa la poesia sperimentale prendeva quota, in Russia la poesia si raccoglieva nel discorso interiore, due strade divergenti che avevano cessato di comunicare. E questo qualcosa vorrà pure dire dei due percorsi diversi che prenderà l’Europa e la futura Unione Europea rispetto alla Russia e alla Federazione russa. I poeti sono lo specchio dei tempi, né più né meno.

    Oggi viviamo nel momento più buio d’Europa con la guerra di invasione dell’Ucraina da parte di un paese “fratello”, la Federazione russa. Le date sono importanti, le date stabiliscono il gusto, le preferenze di un’epoca, le direzioni della politica, ci troviamo in un’epoca di giganteschi rivolgimenti nella concezione dell’universo e stiamo attendendo delle verifiche sperimentali che contribuiranno alla rivoluzione di un nuovo paradigma… E in tutto questo frangente la poesia in Europa continua a fare i giri di valzer attorno all’io che sempiterno e semovente osserva le meraviglie del cielo stellato ed altri consimili truismi.

    La nuova fenomenologia del poetico ha destituito ogni facile credenza nella poiesis, ha alzato l’asticella delle problematicità della poesia italiana, per tutti coloro (una massa amorfa e sterminata) che continuano a fare poesia della confessione e della crocifissione dell’io e ad osservare le stelle, nonché le targhe delle macchine…

    Quello che oggi resta da fare è: riterritorializzare frammenti, tracce, orme, lessemi, impulsi, abreazioni, rammemorazioni, idiosincrasie, tic, vissuti, dimenticanze, obblivioni; attaccare post-it e segnalibri, segnali semaforici e somatizzazioni, pixel, trash, pseudo trash, codicilli… questo spetta alla poiesis oggi, è il compito della poiesis senza più voler sondare chissà quali profondità metafisiche o mnestiche; in fin dei conti tutte le tecniche sono parenti strette della Tecnica con la maiuscola che afferisce al Signor Capitale e ai suoi epifenomeni: gli esseri umani, gli acquirenti consumatori di merci. Il Capitale cognitivo pensa, sa, la poiesis più evoluta ne è consapevole e dismette gli abiti di scena, adotta la strategia del camaleonte, si mimetizza tra gli oggetti, vuole essere un oggetto più oggetto degli oggetti, qualcosa da usare e gettare via; vuole essere un oggetto meno oggetto di altri, vuole essere un conglomerato di orme, di tracce di oggetti scomparsi, di luminescenze, rifrazioni di oggetti sprofondati in chissà quale superficie…

  • tommaso

    ciao, sono molto d’accordo con la poesia e i pensieri dell’autore ritrovandomi in questa realtà da quando vado a scuola fino a quando torno a casa, purtroppo è sempre più raro trovare persone disposte ad uscire degli schemi, forse per paura di e ssere giudicati o esclusi ma, per chiunque legga questo commento, voglio ricordare che diversificarsi permette di vivere una vita unica che merita di essre ricordata.

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